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Secondo rapporto Ambientale dell'Industria Italiana dei Laterizi
Laterizio e Natura.La riqualificazione ambientale delle cave d’argilla
Il riconoscimento del ruolo sociale dell'impresa privata implica che sugli operatori economici gravi anche l'importante responsabilità di creare condizioni di benessere ed di elevare la qualità della vita in termini non solo economici ma anche di sicurezza ed ambiente.
In tempi recenti, l'acuirsi di problematiche ambientali ha condotto a rivedere l'approccio ai processi di sviluppo dei vari settori dell'economia e della produzione. Uno degli aspetti principali di questa trasformazione di mentalità è l'acquisizione di una visione globale dei problemi che permetta di prevedere e controllare anche le conseguenze indirette di una determinata attività.
L'edilizia bioecologica ad esempio, basata sulla ricerca di un rapporto equilibrato tra uomo, ambiente costruito e natura, è particolarmente attenta alla scelta dei materiali da costruzione impiegati nella realizzazione delle unità abitative. Se ci si muove nell'ambito di criteri costruttivi che mirino alla salvaguardia della salute, il laterizio, per le sue caratteristica di materiale "naturale", rappresenta uno elemento insostituibile. Sarebbe tuttavia una analisi estremamente riduttiva quella che, nella valutazione della valenza ecologica di un prodotto, non considerasse per intero il processo di produzione e l'impatto ambientale che da esso deriva.
La sostenibilità di un prodotto è valutata dall'interazioni con l'ambiente, che avvengono durante l'intero ciclo della sua vita: dall'estrazione delle materie prime all'eventuale smaltimento, riciclo o riutilizzo. Per definire l'impatto ambientale di un prodotto occorre, dunque, provvedere alla valutazione del ciclo di vita ed, in questa ottica, la fase produttiva, comprensiva di scelta del sito, consumo energetico e materico, emissione di sostanze nocive e recupero paesaggistico, rappresenta una tappa fondamentale per stabilire il grado di sostenibilità di un prodotto.
L'analisi del ciclo di vita applicata alle soluzioni tecniche in laterizio evidenzia come queste rappresentino sistemi costruttivi a basso impatto. La fabbricazione di laterizi ha inizio con il reperimento della materia prima: l'argilla. L'attività estrattiva è dunque un elemento imprescindibile della produzione; le cave pur avendo un impatto sull'assetto del territorio, sono spesso oggetto di valorizzazione ambientale e di integrazione territoriale del sito recuperato al termine dell'attività estrattiva. In alcuni casi attraverso sapienti azioni di restauro naturalistico si sono ricreati habitat naturali distrutti dall'uomo stesso nel corso dei secoli.
Da molti anni infatti i produttori di laterizi, sia tramite iniziative volontarie che in ottemperanza a disposizioni di legge, si sono impegnati nel contenimento degli impatti associati al ciclo produttivo nello sforzo imprenditoriale di coniugare l'economia con l'ambiente.
Il profilo ambientale dei prodotti è stato definito attraverso la metodologia di Valutazione del Ciclo di Vita del prodotto(LCA) in conformità alle prescrizioni della norma internazionale ISO 14040 ed allo strandard EN 15804 "Sustainability of construction works – Environmental product declarations – core rules for the product category construction products" elaborata dal gruppo di lavoro TC 350 "Sustainability of Construction Works" - WG3 "Product Level". Gli indicatori di impatto sono stati ricavati utilizzando il metodo di CML 2001 (per la caratterizzazione degli indicatori Acidificazione, Eutrofizzazione, Riscaldamento Globale (GWP100), Riduzione dello strato di ozono (ODP) e Ossidazione fotochimica e il metodo EPD Draft limitatamente alla caratterizzazione dell'indicatore Non renewable, fossil.
Tale scelta è stata operata in accordo con l'Annex C della En15804 riportanti i fattori di caratterizzazione previsti dallo standard per ognuno degli indicatori elencati. Il profilo ambientale dei materiali è stato calcolato adottando l'unità di massa 1kg quale unità dichiarata. Il sistema dei confini è stato strutturato sulla base della regola "cradle to gate" ed include quindi tutti i processi a partire dalla fase di approvvigionamento delle materie prime fino al confezionamento del prodotto prima dell'uscita dal cancello dello stabilimento di produzione. Non include la fase di trasporto del materiale al cantiere né alcuno scenario di fine vita, né il contributo della soluzione tecnica all'impatto ambientale durante la fase di uso dell'edificio in cui è collocata. L'analisi tiene in considerazione il consumo di risorse primarie, energetiche e di materiali, le emissioni in aria e in acqua. In ognuna di queste fasi produttive, sono inclusi i consumi ausiliari associati al processo relativi ai trasporti e allamovimentazione interna. Non sono inclusi i consumi elettrici per l'illuminazione e i condizionamento.
I gestori degli impianti che ricadono nel campo di applicazione della direttiva sono tenuti a monitorare e comunicare le emissioni di gas a effetto serra, secondo le linee guida comunitarie (Decisione della Commissione europea C(2004) 130 del 29 gennaio 2004) ed il relativo decreto di recepimento DEC/RAS/854/05.
Da sottolineare l'art. 19 del Decreto 854, secondo cui "il carbonio organico contenuto nell'argilla, pur citato tra le fonti di emissione, non è oggetto di specifiche prescrizioni". Tale semplificazione Tale esclusione, oltre ad evitare il costo dell'elevato numero (visto il grado di incertezza della concentrazione del C organico) di valutazioni analitiche dell'argilla, determina una consistente riduzione delle emissioni da restituire: ad esempio, la presenza di appena l'1% di C nell'argilla può comportare un aumento delle emissioni di CO2 di circa il 25%.
Utile riferimento per il monitoraggio delle emissioni di CO2 degli impianti di produzione di laterizi sono le linee guide di settore elaborate dall'ANDIL, con il supporto di Ernst&Young.
L'articolo 14 della direttiva 2003/87/CE stabilisce che gli Stati Membri provvedono affinché il gestore di ciascun impianto regolato dalla Direttiva comunichi annualmente le emissioni di gas ad effetto serra effettivamente rilasciate in atmosfera dall'impianto. Il 13 marzo 2006 è stato emanato il decreto DEC/RAS/115/2006 che stabilisce che la comunicazione delle emissioni di CO2 rilasciate in atmosfera sia redatta secondo appositi formati ed è ritenuta valida ed efficace, se corredata di relativo attestato di verifica.
La verifica della dichiarazione accerta l'affidabilità ed accuratezza dei dati e delle informazioni riferiti alle emissioni rilasciate dall'impianto, nonché dei sistemi di monitoraggio delle emissioni stesse. La verifica ha esito positivo qualora non rilevi discrepanze significative tra i dati e le informazioni sulle emissioni contenute nella dichiarazione e le emissioni effettive. L'attestato di verifica della dichiarazione è rilasciato e in esito a positiva verifica della dichiarazione stessa da un verificatore accreditato.
La comunicazione deve essere sottoscritta dal gestore dell'impianto con firma digitale basata su un certificato qualificato, rilasciato da un certificatore accreditato ai sensi del Decreto legislativo n. 82/05 ed inviata entro il 31 marzo di ciascun anno (per le emissioni relative all'anno precedente) a Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo..
Per la restituzione delle quote di emissioni, il gestore di ciascun impianto invia alla autorità competente, tramite il Registro italiano delle emissioni (www.greta.sinanet.apat.it), una dichiarazione sulla quantità di emissioni rilasciate dall'impianto stesso nell'anno civile precedente, corredata da attestato di verifica.
Il gestore di ciascun impianto è tenuto a restituire, entro il 30 aprile di ciascun anno, quote di emissione contabilizzate sul Registro e corrispondenti alle quantità di emissioni rilasciate dall'impianto nell'anno civile precedente, come dichiarate e verificate. Il gestore di impianti in chiusura è tenuto a restituire quote secondo le modalità definite nell'ambito del Piano Nazionale di Assegnazione. L'Amministratore del Registro procede alla cancellazione dal Registro delle quote di emissioni restituite.
Decisione della Commissione europea C(2004) 130 del 29 gennaio 2004 che istituisce le linee guida per il monitoraggio e la comunicazione delle emissioni di gas a effetto serra (2005-2007)
DEC/RAS 854/05 disposizioni di attuazione della decisione della commissione europea c(2004) 130 del 29 gennaio 2004 che istituisce le linee guida per il monitoraggio e la comunicazione delle emissioni di gas a effetto serra (2005-2007)
Linee guida per l'implementazione di un sistema di monitoraggio e rendicontazione delle emissioni di anidride carbonica nell'industria dei laterizi
DEC/RAS 115/06 disposizioni per la comunicazione delle emissioni di gas a effetto serra
Il trattamento fiscale e contabile delle quote di emissioni presta ancora il fianco a molte incertezze sul comportamento più appropriato da seguire e ciò è determinato da vari fattori, quali ad esempio l’applicabilità o meno per l’impresa dei principi contabili internazionali ovvero l’esigenza di dare informazione tempestiva al mercato dei valori sottesi a tale quote per effetto dell’andamento delle quotazioni o del livello di consumo di quote da parte dell’impresa stessa, ma anche e soprattutto dalle lacune e dalle incertezze operative che la tardiva emanazione dei decreti applicativi e/o delle indicazioni regolamentari da parte dell’Autorità competente ha provocato fino ad ora.
In mancanza di pronunce ufficiali, assumono particolare utilità le valutazioni ed indicazioni effettuate dagli esperti in materia e dal sistema confindustriale.
Secondo l’IFRIC (International Financial Reporting Interpretations Committee) le quote di emissione sono a tutti gli effetti risorse a disposizione dell’azienda e l’obbligo a restituire emissioni alla fine dell’anno costituisce un onere. Vi è, dunque, un consenso generalizzato sul fatto che le quote vadano registrate a bilancio come un patrimonio dell’azienda (IAS 38; Nota: IAS International Accounting Standards, principio contabile) e le emissioni vadano registrate a bilancio come un onere (IAS 37). Le aziende soggette a IAS dovrebbero considerare gli indirizzi del IFRIC (immobilizzazioni immateriali) per non introdurre eccessiva discontinuità nel proprio bilancio.
La tassazione diretta si riferisce, in generale, alle imposte sui redditi d’impresa e alle ritenute. Diversamente da quanto accade per l’Iva, non vi è un sistema armonizzato in ambito UE per le imposte sul reddito d’impresa (per le ritenute su dividendi, interessi e royalties).
Secondo la Commissione Europea l’assegnazione iniziale di quote a pagamento dovrebbe essere assoggettato ad IVA per evitare il rischio di distorsione della concorrenza tra operatori soggetti ad IVA (es. aziende private) ed operatori non soggetti ad IVA (es. enti pubblici territoriali). Essendo l’assegnazione gratuita, l’aspetto non risulta rilevante.
Analogamente, la vendita di quote deve essere assoggettata ad IVA e nel caso di transazioni transfrontaliere, il luogo di fornitura è considerato il luogo di residenza dell’acquirente.
Presentazione di Ernst&Young sugli aspetti finanziari e contabili dell'Emissions Trading
Valutazione di Confindustria sugli aspetti contabili e fiscali dell'applicazione in Italia della Direttiva europea sullo scambio di quote di emissione dei gas ad effetto serra
Circ. Assonime 24/06 Riflessi fiscali delle disposizioni attuative dell'Emissions Trading
L'analisi del ciclo di vita (LCA) applicata alle soluzioni tecniche in laterizio evidenzia come queste rappresentino sistemi costruttivi a basso impatto ambientale.
In particolare, emerge che l'indicatore di danno relativo alle fasi di produzione, trasporto, messa in opera e demolizione - ad esclusione, quindi, della sola fase d'uso - è sempre moderatamente basso, per le soluzioni in laterizio. I valori d'impatto ambientale più elevati sono riscontrati nei sistemi costruttivi in laterizio a telaio in c.a., laddove la presenza della componete calcestruzzo agisce negativamente sull'analisi ambientale: la soluzione tecnica integrata con il pilastro in calcestruzzo armato è penalizzata sia dalla fase di produzione del calcestruzzo armato, che dallo stesso sistema costruttivo per le dispersioni in corrispondenza del pilastro.
Considerando, infine, la vita utile delle soluzioni tecniche per un periodo di 80 anni, e quindi il loro contributo alle prestazioni energetiche dell'edificio, l'indicatore di impatto - relativo, quindi, all'intero ciclo di vita - si mantiene molto basso. Ne consegue l'elevata incidenza sull'impatto ambientale, in termini di consumo di risorse, di qualità dell'ecosistema e di salute umana, della fase d'uso. Contributo che supera da 2 a 4 volte l'indice complessivo delle restanti fasi di produzione, trasporto, messa in opera e demolizione.
Nelle soluzioni di parete in muratura leggera, l'indicatore di danno presenta i valori più elevati per 1 m2 di parete doppia con intercapedine in fibra di legno ed in polistirene, in quanto l'analisi considera, in riferimento al periodo di uso di 80 anni.
I valori più bassi si rilevano per le pareti interne, sia come soluzioni tecniche, in relazione al ridotto impegno di materiali, che nel periodo d'uso, in relazione alla assenza di dispersioni termiche attraverso i divisori interni.
In termini di qualità ecosistemica, tutte le soluzioni in laterizio esaminate presentano un valore di danno estremamente contenuto.
Per costo globale di un edificio si intende la sommatoria dei suoi costi iniziali e dei suoi successivi costi d'uso, laddove il costo d'uso comprende i costi di gestione e di manutenzione che interverranno nel corso della vita utile del manufatto.
Nello specifico, la valutazione del Life Cycle Cost è stata limitata all'analisi economica dei costi di costruzione e di gestione con riferimento alle sole pareti verticali di una tipologia residenziale, al solo fine di quantificare e confrontare i costi associati alla scelta dei diversi sistemi costruttivi.
Il confronto è stato effettuato tra la soluzione in muratura portante monostrato ed altre quattro soluzioni tecnologiche: muratura portante faccia a vista, muratura portante armata, struttura intelaiata in calcestruzzo armato con tamponamento monostrato e con tamponamento a doppio strato.
In base ai risultati scaturiti dall'analisi questi dati, la soluzione in muratura portante risulta essere la più economica, seguita da quella in muratura armata (+4,7%), dalla struttura intelaiata con tamponamento monostrato (+13,7%), dalla struttura intelaiata con tamponamento a doppio strato (+16%) ed infine dalla soluzione in muratura portante con rivestimento faccia a vista (+28%).
A questa valutazione fa seguito quella relativa all'incidenza economica degli interventi di manutenzione preventiva con cicli prefissati sulle due differenti tipologie di rivestimento: con laterizio faccia a vista e ad intonaco. Per rendere confrontabili le due soluzioni, gli interventi manutentivi sono stati calcolati nell'arco di trenta anni.
I risultati ottenuti mostrano come siano più elevati i costi manutentivi della soluzione con rivestimento ad intonaco rispetto alla soluzione con rivestimento faccia a vista, caratterizzata da un costo notevolmente più basso (- 16%), che a fronte del più alto costo costruttivo, attribuisce alla soluzione con rivestimento faccia a vista i costi globali più contenuti.
In generale, la scelta di utilizzare il laterizio rappresenta una soluzione che non solo mantiene meglio il proprio valore nel tempo, ma che, considerando anche i costi di gestione, addirittura lo aumenta.
La ricerca ANDIL - Dipartimento di Tecnologie dell'Architettura e Design "Pier Luigi Spadolini" dell'Università di Firenze, sul tema della Analisi e Valutazione Ambientale nel Ciclo di Vita dei laterizi si colloca nel quadro dell'impegno di Andil per la promozione di una cultura industriale volta alla tutela e al rispetto dell'ambiente, nella consapevolezza delle qualità ambientali del prodotto laterizio, della importanza di dichiararle in modo credibile e comparabile con altri prodotti, ma anche nella consapevolezza che gli stessi produttori possono ricavare, dall'analisi e dalla valutazione nel ciclo di vita, elementi per migliorare il loro prodotto sotto il profilo ambientale.
Nell'ambito della ricerca, lo studio LCA del laterizio si è strutturato attraverso sei passaggi che hanno condotto alle valutazioni LCA su soluzioni alcune tecniche in laterizio:
La ricerca si è mossa, dunque, da dati ANDIL relativi alle fasi di produzione per elaborare, sulla base di riferimenti contenuti in guide per le dichiarazioni ambientali per i laterizi, le LCA in fase di produzione, definendo gli appropriati confini del sistema oggetto di analisi, le unità funzionali oggetto di studio, gli indicatori di impatto. La complessità dello studio ha richiesto una fase di esame delle esperienze simili condotte in Italia e all'estero, dei dati e degli strumenti a disposizione per la loro elaborazione e un'analisi critica dei metodi di valutazione per la caratterizzazione degli indicatori di impatto, al fine di definire la strategia migliore per una LCA dei prodotti e delle costruzioni in laterizio.
Parallelamente è stato condotto un esame della bibliografia e un rilevamento diretto in cantiere dei dati sensibili, per la definizione di quello che nella metodologia LCA è denominato l'inventario (input di materie prime e materiali complementari, tecniche di messa in opera, durabilità, prestazioni termiche, comportamento in uso, tecniche di dismissione, trattamento di fine vita) delle principali soluzioni tecniche del costruire in laterizio. Questi dati, insieme a quelli sulla produzione sono serviti a costituire il database dello studio LCA laterizio nelle fasi di produzione e post-produzione.
L'applicazione gratuita per la verifica della performance ambientale delle soluzioni costruttive in laterizio, secondo l'approccio LCA
Il Piano Nazionale di Assegnazione, adottato in Italia, prevede per il settore dei laterizi l’allocazione a livello di impianto sulla base delle emissioni storiche. Questo perché la pluralità delle tipologie di laterizio prodotte all’interno dello stesso sito industriale non consente una agevole individuazione del fattore di emissione medio, da attribuire all’impianto, essendo diversa l’incidenza sulle emissioni di anidride carbonica per i differenti prodotti in laterizio.
A tale fine, il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio ha provveduto a raccogliere informazioni quantitative di tutti gli impianti di produzione di laterizi, richiedendo la serie storica dei dati di produzione e di emissione di CO2 (derivante dai consumi di combustibile e dalla calcinazione dei carbonati presenti nelle materie prime) per il periodo 2000 ÷ 2003, con l’intento di considerare le emissioni storiche degli stabilimenti (media su 3 anni, scartando il valore più basso tra i 4 anni considerati) per l’attribuzione delle quote di emissione a livello di installazione.
Solo in una seconda fase, grazie all’intervento dell’ANDIL, il Ministero (Prot. 7530/RAS/2005 del 20/12/05 del Direttore Generale per la Ricerca e lo Sviluppo, Dr. Corrado Clini) ha deciso di applicare un’interpretazione più restrittiva del campo di applicazione della normativa, considerando la congiunzione “e” al posto della “e/o”, riportata nell’allegato alla direttiva 2003/87/CE, secondo la formulazione appresso riportata, che permette di caratterizzare gli impianti soggetti al provvedimento: “impianti per la fabbricazione di prodotti ceramici mediante cottura, in particolare tegole, mattoni, mattoni refrattari, piastrelle, gres, porcellane, con una capacità di produzione di oltre 75 tonnellate al giorno e (invece di “e/o”) con una capacità di forno superiore a 4 m3 e con una densità di carico per forno superiore a 300 kg/m3” ed adottando il seguente metodo di calcolo della densità di carico:
densità di carico = rapporto fra massa M [kg] di materiale presente nel forno in un generico istante, con riferimento alle condizioni rispetto alle quali è stata definita la capacità produttiva, ed espressa con riferimento al materiale cotto (e con esclusione della supporteria refrattaria e degli eventuali carrelli), e volume interno lordo del forno Vt [m3].
Per effetto delle precisazioni sulla definizione, è stato possibile annullare l’autorizzazione ad emettere CO2, per mancato rispetto del campo di applicazione, di ben 110 impianti di produzione di laterizi, come evidenziato dallo stesso Ministro On. Matteoli nella comunicazione inviata all’ANDIL il 30/01/06.
Conseguentemente solo 26 impianti di produzione di laterizi sono risultati soggetti alla normativa Emissions Trading, per un’allocazione complessiva di circa 480.000 tonnellate di CO2. Il settore della produzione di laterizi è stato, dunque, coinvolto nel primo periodo dell’Emissions Trading – 11% per numero di impianti – solo in modo parziale.
Tuttavia, tale situazione non trova pari riscontro in altri Paesi europei, laddove soprattutto la diversa procedura adottata per il calcolo della densità di carico ha determinato il coinvolgimento della maggior parte degli impianti di produzione di laterizi esistenti.
In termini di impatto economico, il basso valore della quota, abbondantemente inferiore a 0,1 €/t di CO2, e l’assegnazione di quote sufficientemente coerenti con le reali emissioni – si registrano sottoallocazioni mediamente del 3% – non ha di fatto gravato, se non per i soli costi amministrativi, sul bilancio delle aziende coinvolte nello schema Emissions Trading.